Socrate: esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza.
Di Paola Capitani

“Socrates and Xanthippe” di Otto van Veen – Xanthippe versant de l’eau sur la tête de Socrate – Gravure d’Otto Van Veen, Anvers 1607. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.
Durante un’estate da dimenticare, tra il caldo torrido, il dolore per un intervento effettuato, l’obbligo di stare a casa, la mancanza di contatti di amici e parenti, mi ha fatto riflettere su temi quali la conoscenza e l’ignoranza. Due concetti diametralmente opposti che si fronteggiano e che provocano vittime, senza spargimento di sangue, ma con la diminuzione di uso di cellule cerebrali, di neuroni, di emozioni e sentimenti. Tutto questo alimenta in maniera esponenziale la solitudine e crea delle lande sperdute dove ognuno si sente più solo e in balia di fenomeni che non riesce a controllare. Per non parlare del bollettino di guerra rappresentato dalle notizie dei giornali, dei notiziari radiotelevisivi e radiofonici. In un secolo dedicato alla comunicazione si assiste inermi a falsi contatti e false amicizie, così chiamate sui network più gettonati dove si inviano notizie a raffica, foto di pranzi e località, ma non interessa chi li legge e, peggio, non si crea un canale comunicativo vero, ma solo una vetrina dove ciascuno si espone, con pericolose ricadute di quella privacy tanto invocata. Ma questo è lo scenario. È sufficiente un sintetico “mi piace” per sentirsi gratificati e il “dare amicizia” ormai un luogo comune in cui la parola “amicizia” ha perso il suo vero significato. Fortunatamente alcuni esperti del settore hanno capito il danno conseguente a tale fenomeno che hanno provocato e hanno iniziato a chiudere i vari “canali” per ovviare a questo inaridimento di sentimenti a all’impoverimento della comunicazione e quindi della conoscenza, del rispetto, dell’educazione, della creatività. Tutti cliccano, taggano, postano, fotografano, ma non interessa di costruire un legame vero e profondo, solo contatti rapidi e superficiali, com’è purtroppo la vita di oggi, dove i valori veri sono stati dimenticati.
Sempre più si assiste a scene che denotano arroganza, sopraffazione e maleducazione, dimenticando il banale ma fondamentale rispetto per l’altro, chiunque esso sia. Semplici ma basilari gesti di buona educazione sarebbero facilmente elencabili, ma chi ha conoscenza di fatti e di persone sa di quali episodi si tratta: dalle code ai negozi e agli sportelli, dalla modalità di salita e discesa dai mezzi pubblici, dall’uso spregiudicato di spazi comuni, dal disinteresse totale verso gli altri, in particolare verso chi ha problemi di deambulazione o altre patologie. Le esortazioni a un comportamento civile e civico ci ricordano suggerimenti superati e antiquati, ma purtroppo sono fondamentali per cercare di cambiare qualcosa anche nel singolo comportamento, che poi nella realtà comune potrebbe far migliorare il benessere di tutti.
Sembra uno scritto degno di Cuore o di Pinocchio, ma tale è la realtà e la conseguenza è che molti si chiudono in casa per non dover sottostare a fenomeni sgradevoli, con la paura di dover arrivare a spiacevoli discussioni che purtroppo degenerano in episodi di violenza inauditi, come i giornali ci continuano a raccontare.
Paola Capitani

Socrate: esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza. di Paola Capitani © 2015 è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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La scuola di Giullari e Menestrelli a Nicola di Ortonovo (La Spezia)
Di Paola Capitani
“Nicola (Ortonovo)-panorama 2014-2” di Davide Papalini – Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.
Dal marzo 2015 è nata una collaborazione con laCompagnia degli amici di Nicola di Ortonovo (La Spezia). Domenica 15 marzo si è svolto un ameno intrattenimento con Barbara, Fabio, Paola e Roberto, grazie alla ospitalità del Comune di Ortonovo e della Associazione delle Ragazze del Borgo. Dopo la presentazione di Barbara e Fabio, e i ringraziamenti di rito, Paola ha citato il libro 10 regole per vivere con il partner (Paola Capitani, Edizioni Giovane Holden, Viareggio, 2012), un manualetto che vi farà sorridere giocando sui luoghi comuni dell’amore visti da lui e da lei. Dieci regole fondamentali per vivere o sopravvivere col partner: che siano periodi di crisi o semplici litigate passeggere, tutti o quasi i rapporti d’amore devono fare i conti primo o poi con i “dolori” del vivere in coppia. E allora la comunicazione diventa di primaria importanza, insieme al rispetto reciproco per accettare la diversità dell’altro. Tra citazioni famose, “le donne hanno uno spiccato senso dell’umorismo per sopportare gli uomini” come diceva Oscar Wilde, e non come “un pessimista pensa che le donne siano delle poco di buono, un ottimista invece se lo augura”.
Paola Capitani http://libronelbicchiere.blogspot.it
Reti ovvero cooperazione e terminologia
Di Paola Capitani
“Internet2” di Fabio Lanari – Internet1.jpg by Rock1997 modified.. Con licenza CC0 tramite Wikimedia Commons.
Poiché il concetto di rete richiama il concetto di tecnologiae Internet sui quali non occorre spendere altre parole, mi preme richiamare l’attenzione sui concetti base di qualsiasi rete. Il termine, infatti, è ”insieme di procedure”, “cooperazione”, “sinergie” e ”collegamento”, per cui non si può andare in RETE se prima non si costruisce la vera Retee non si creano i presupposti per la cooperazione e le sinergie.
Da più parti e in più contesti è stato ribadito il concetto che oggi non vince più chi è grosso e forte, ma chi è veloce. Per muoversi con agilità di procedure occorrono agilità di pensiero, le opportune conoscenze per sfruttare le sinergie e le esperienze in una ottica di condivisione per obiettivi a lungo termine da raggiungere attraverso i piccoli passi.
Per effettuare questo iter è fondamentale agire in cooperazione mettendo in comune le risorse, le esperienze, i prodotti, le conoscenze, le competenze per comporre un insieme che diventa la vera rete, essenziale per agire velocemente in economia di sforzi. Termini come joint venture, cordata, team building, time sharing, sono il nostro pane quotidiano
Per agire in tal senso occorre condividere la terminologia, concetti comuni condivisi: se non ci si capisce non si comunica e se non si comunica non si procede per obiettivi condivisi. È vero che ognuno è libero di muoversi in perfetta autonomia ignorando ciò che avviene intorno e non tenendo conto delle esigenze di eventuali partner, ma il contesto nel quale operiamo ci mostra sempre più che se si vogliono perseguire obiettivi rapidi e mirati la scelta obbligata della sinergia è quella premiante. Anche se in un clima di completa democrazia ben vengano gli eremiti e i solisti con quel che ovviamente tale scelta comporta.
La globalizzazione – termine diventato fastidioso – ci ricorda che utilizziamo procedure nate in India, veicolate in inglese e utilizzate ovunque nel mondo, oppure che in tempo reale assistiamo a eventi che per sempre hanno segnato la nostra storia (l’11 settembre è ormai un simbolo di questa immediatezza di partecipazione). In un tale contesto ben vengano prodotti, idee, movimenti, risorse frutto di artigianale provenienza, per organizzare cordate e cooperazioni fa risparmiare tempo, soldi, errori e soprattutto per confrontarsi socializzando.
Ci muoviamo in un contesto apparentemente omogeneo fatto di informazione e ricerca ma che denota metodi, procedure e punti di vista profondamente lontani tra di loro: biblioteche, archivi, centri documentazione, centri di ricerca, scuola e università. Il mondo della ricerca solo apparentemente sembra parlare la stessa lingua (ma noi che ne siamo all’interno sappiamo quali sono le differenze tra soggettari, glossari, dizionari, thesauri che pur trattano del medesimo problema). Spesso punti di vista a volte quasi diametrali tra loro e che necessitano ponti, legami e correlazioni per evitare di creare fratture e quel che è peggio mancanza di comunicazione: senza di questa oggi non si può procedere in questo terreno delicato e pieno di trappole. Occorrono buon senso, lungimiranza e rispetto, alla base di qualsiasi progetto che abbia obiettivi mirati, metodi condivisi e verifiche programmate in un’ottica di pari dignità e pari responsabilità, in tempi possibilmente brevi.
Coordino da oltre quindici anni un gruppo operante nel settore della terminologia che si avvale delle conoscenze ed esperienze di autori, editori, bibliotecari, insegnanti e ricercatori e ovviamente utenti. Questo gruppo sta marciando bene forse anche perché è spontaneo e si basa sulle esigenze vissute, sulle esperienze condotte in uno spirito di totale compartecipazione, per il raggiungimento di un comune fine.
Da altrettanti anni coordino un gruppo teatrale amatoriale che oggi sta lavorando su piazze diverse e che si chiama Giullari e menestrelli, anche per citare la libertà del giullare che può dire anche al sovrano quel che pensa, ma che si muove agilmente tra le varie località e in ambienti completamente diversi. Case, scuole, carceri, residenze assistite, dove si usa la fantasia e la cultura, la musica e l’improvvisazione, ma soprattutto il cuore e la partecipazione, senza i quali nessun intrattenimento avviene. Come dice Shakespeare… la battuta non passa solo dalla bocca dell’attore ma soprattutto dal cuore dalle emozioni dello spettatore.
Tutto avviene a costo zero, sia nel caso del Gruppo web semantico che in quello dei Giullari (se non l’ospitalità degli enti organizzatori) e una partecipazione sempre più attiva e costruttiva, ma soprattutto diversificata e varia nel tempo: il metodo è collaudato. Occorre evitare le burocrazie e muoversi per obiettivi, sfruttando i rapporti personali e professionali quali leve fondanti del buon risultato delle manifestazioni.
Il concetto di Rete, con il quale convivo ormai da oltre trenta anni, mi ha convinto che lo schema vincente è costituito da: CHIAREZZA DI OBIETTIVI, METODI VALIDI, RISORSE UMANE e TECNOLOGICHE; COOPERAZIONE; RAPPORTI INTERPERSONALI, COOPERAZIONE, AGILITA’, FLESSIBILITA’, COMPETENZE PROFESSIONALI, PROGRAMMAZIONE DEI TEMPI, VERIFICHE e ovviamente MODIFICHE NECESSARIE.
I vantaggi evidenti. Ci si diverte con facilità e cultura, creatività e fantasia e oggi ci si sta muovendo su varie piazze quali Borgo San Lorenzo, Firenze, Nicola di Ortonovo (La Spezia), Rimini, e forse altre città. Servono solo disponibilità, tempi, flessibilità e reti umane.

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Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili pressohttp://gruppowebsemantico.blogspot.it .
La Scuola di Giullari e Menestrelli
La Compagnia del Cocomero, nata a Firenze nel giugno 2003, si esibisce a Borgo San Lorenzo (FI) con la regia di Beltrando Mugnai, coadiiuvato da Paola Capitani e Vasco Teodori.
Un articolo di Paola Capitani
La Compagnia del Cocomero è formata da volontari occasionali impegnati in attività teatrali. La Compagnia è anche Scuola di Giullari e Menestrelli, i quali si muovono con occasionali compagni di viaggio, unendo esperienze e dialetti, abitudini e modi di dire. Un mosaico di esperienze e di affinità alimentate dall’entusiasmo e dalla comunicazione con il solo obiettivo di portare serenità e armonia, benessere e amicizia. L’arte ci consente di esprimere le nostre emozioni, di manifestare quanto ci appartiene e che spesso abbiamo timore a esprimere.La Scuola di Giullari e Menestrelli ha questa caratteristica e questi obiettivi: portare allegria e amenità a chi ne ha bisogno e soprattutto giocare scherzando e scherzare giocando.

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Futuro in rosa
Di Paola Capitani
Formazione e pari opportunità. Il tema è sempre di attualità forse anche perché l’Italia ancora non è completamente in regola sulla gestione al femminile e alle caratteristiche della leadership la donna ha ricevuto vari commenti. Secondo uno studio McKinsey la crescita è assicurata se fra i top manager ci sono almeno tre donne (ad esempio a capo delle vendite, degli acquisti, del personale, del marketing, dell’ufficio legale, insomma nelle funzioni chiave aziendali).. Dal sondaggio condotto su un campione di manager europei (2.864 donne e 6.126 uomini) risulta infatti che le dirigenti sono particolarmente brave a usare le nove leve organizzative (sviluppo professionale dei collaboratori, aspettative e premi, modello di ruolo convincente, fornire ispirazione alle risorse umane, produttività individuale, stimolo intellettuale al team, comunicazione efficiente, prender decisioni al momento opportuno, allineamento degli obiettivi…”.
Una testimonianza personale, alla soglia della terza età, mi permette una considerazione sulle diverse esperienze maturate nel settore sia pubblico che privato e in aree diverse tra di loro.
Una testimonianza personale, alla soglia della terza età, mi permette una considerazione sulle diverse esperienze maturate nel settore sia pubblico che privato e in aree diverse tra di loro.
Nonostante seminari, tavole rotonde, articoli, atti di convegni ancora la donna ne deve fare di strada per trovare una sua dimensione e affermare un suo ruolo nel mondo del lavoro, almeno a livelli di responsabilità e di prestigio. Le cause sono molteplici e non sempre legate a “colpe” del mondo maschile, ma purtroppo anche ad una scarsa stima che la donna ancora ha nel suo ruolo occupazionale e nella difficoltà ad assumersi impegni e responsabilità storicamente lontane del suo “atteggiamento di cura”. Anche io, spesso, se sono l’unica donna in un contesto maschile, faccio fatica a non “servire il caffè” al momento dell’intervallo, perché storicamente legata alla dimensione protettiva. Ma i tempi sono maturi e quando leggo che una donna di 33 anni, ingegnere, madre di otto figli (tutti partoriti da lei) svolge anche un ruolo pubblico… allora abbiamo un futuro “in rosa”!
Basta piangersi addosso e via con le maniche rimboccate fino alla spalla… pronte ad assumersi con dolce fermezza ruoli sempre più intriganti e “avvincenti”. Avanti tutta! Soprattutto come suggeriva la mitica Bianca Bianchi, insegnante e impegnata politicamente, membro della prima Costituente del 1946 che ci ha energicamente bacchettato in palazzo Vecchio per un mitico 8 marzo di anni fa… “la colpa è di voi donne che siete abituate a delegare”!
Una ennesima visione di Speriamo sia femmina di Monicelli, che da uomo ha saputo tratteggiare sapientemente tutti i profili femminili e mettere in berlina alcuni schizzi maschili, con arguzia e ironia, ha affrontato un tema che parla di sentimenti, emozioni, maschili e femminili con garbo e cultura.
un brano da Internet…
In un grande casale della campagna toscana (in realtà il film fu girato nell’alto Lazio a Stigliano, località nel Comune di Canale Monterano) vive in armonia un gruppo di donne (più una che non compare nel film e che si dice viva a Catania e un’altra ancora che si vedrà nella parte centrale del film: l’amante romana del conte). Un racconto dunque quasi tutto al femminile dove le donne sono una maggioranza che sovrasta i pochi uomini che partecipano alla storia.
Elena, donna energica e razionale, dirige la fattoria, mentre la domestica Fosca, pratica e di buon senso, è il vero nume tutelare della casa, che provvede alle necessità materiali di tutte. Fosca si prende cura di due ragazzine, sua figlia Immacolata detta Imma, e la nipote di Elena, Martina. Martina è figlia di Claudia, famosa attrice residente a Roma, che per egoismo e necessità di lavoro ha praticamente abbandonato la ragazzina affidandola alla sorella Elena.
Un’altra donna, Franca, la figlia maggiore di Elena, appare in casa o scompare a seconda dei fidanzati presi o lasciati. La figlia minore, Malvina, mite e sottomessa, pensa prevalentemente ad allevare e curare con affetto i cavalli della fattoria.
In questo gineceo l’unica figura maschile è il vecchio zio Gugo, completamente rimbambito e fastidioso per i suoi imprevedibili colpi di testa, accudito passo passo dalla domestica. In questo ambiente tutto sommato sereno, dove ognuno vive come vuole, arriva il conte Leonardo, marito della padrona, sebbene i due vivano separati di comune accordo. Il motivo della visita è al solito economico: il conte vorrebbe ristrutturare un complesso termale in disuso, di proprietà della famiglia, per trasformarlo in un locale moderno, che a suo parere diverrebbe una vera miniera d’oro, ma mancandogli i denari per realizzare il proficuo affare, è venuto a battere cassa. Le sue speranze saranno deluse: la moglie chiede un parere sull’affare al suo esperto fattore Nardoni, che fra l’altro è il suo amante, il quale la sconsiglia d’impegnarsi in un’impresa del tutto sconsiderata.
Donne
Hanno un’anima:
non sono solo strumento di sesso
e di riproduzione;
hanno una testa e dei sentimenti,
che spesso gli uomini sottovalutano.
La colpa è di chi non sa farsi stimare e apprezzare,
abituate a ritagliarsi spazi di ripiego e di comodo,
inconsapevoli dei pregi e delle potenzialità.
Devono imparare a farsi valere, a rinunciare,
per non calpestare il proprio orgoglio
e il proprio rispetto.
Possono essere autosufficienti
e rifiutare offerte
di semplici “brincelli di carne”,
per conquistare brani di mente,
di anima e, magari … anche di cuore.
Paola Capitani
É piú facile trovar dolce l’assenzio, che in mezzo a poche donne un gran silenzio.
Amori campestri (Reggello, Casa Cares, dicembre 1997)
Lei dolce, languida, sensuale
lo avvolge con la sua fatale femminilità.
Lui, con il suo abito elegante e severo,
sembra non recepire i messaggi amorosi.
All’improvviso un turbamento
tra le fronde argentee
lei sussulta,
muovendo le gialle foglie,
per comunicare profonde sensazioni.
Ecco forse il motivo per cui la natura ha voluto
lui maschio, l’ulivo,
e lei femmina, la vite,
per celebrare intimi rapporti
frutto non solo di arboree origini.
Paola Capitani

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Biblioteca scolastica che passione!
Di Paola Capitani
Da sempre la scuola fa parte della mia vita: alunna, insegnante, madre, rappresentante di classe, scrittrice di articoli e saggi, formatrice, consulente per servizi informativi, facilitatore di tavolo in sistemi di comunicazione interattiva. Il mio calendario non può essere quello solare, ma solo quello scolastico: da ottobre a giugno, secondo il vecchio orario di tempi lontani, quando la scuola cominciava il primo ottobre e già il 4 ottobre era vacanza per San Francesco, patrono d’Italia.
I rumori a me più familiari sono: il gesso che stride sulla lavagna nera (quella appunto di lavagna), il trillo della campanella che ritma la giornata, gli schiamazzi dell’intervallo e dal cambio di insegnante, il silenzio che precede l’interrogazione, quando ansiosi si aspetta la citazione del cognome del “destinato al sacrificio”. Momenti magici, paure, ilarità, timori, complicità, un patrimonio di ricordi, che hanno formato caratteri, persone, individui. Ecco perché vedere e sentire che qualcuno ha vissuto la scuola come perdita di tempo, come spazio vuoto, come inutile momento fa veramente paura e invita a riflettere.
Cosa è accaduto? Cosa ha rotto il meccanismo? I giovani sono cambiati? È ovvio! Sono forse uguali gli oggetti, i fatti, i pensieri, la vita di oggi rispetto a quella di 30 anni fa, ma anche di ieri? E questa rapida trasformazione come viene interpretata, vissuta, “comunicata” ai giovani di oggi? Non si può montare su un jet e pensare che funzioni ancora come un treno a vapore. Questo forse alcuni “illusi” immaginano, specialmente quelli che dicono che “i ragazzi di oggi sono difficili”, sono demotivati, non hanno punti di riferimento. Ma chi sono i responsabili di queste carenze: loro?? Chi li ha dato esempi e schemi? Chi li fornisce continui stimoli negativi?
Nella “società della conoscenza” dovremmo essere comunicatori, in grado di interagire e come diceva uno slogan letto anni fa alla Fortezza da Basso per il Town meeting “Interazione per l’innovazione”. L’innovazione non comincia nelle tecniche, inizia da noi e come dice la bella frase di Charles Darwin “Non è la più forte specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti”.
Ecco il primo tasto dolente: il cambiamento inizia dai docenti, dai genitori, dalle famiglie, dalle istituzioni che, spesso, sono arroccate su ruoli e funzioni che danno potere (apparente.. spesso) o sicurezza. Nei veri saggi educativi le unità didattiche sono su “quello studente” e “quello solo”, poiché non ci sono ricette pronte per l’uso: l’insegnamento è giorno per giorno, l’apprendimento cambia e l’interesse insieme a lui. E come diceva John Naisbit ad un celebre convegno in Palazzo Vecchio nel 1984… “la conoscenza nelle mani di molti non il denaro nelle mani di pochi”.. e già allora lui abitata in uno sparuto paesino nel Montana, ma doverosamente connesso in rete con tutte le tecnologie esistenti. Una lettura da ripercorrere fedelmente quella di Bianca Bianchi che nel suo Per una scuola d’Europa scriveva nel 1964 principi e metodi che ancora oggi nel terzo millennio sono di la da venire… Bianca Bianchi, Teresa Mattei, recentemente scomparsa, Maria Montessori, sono i nomi che con Don Milani andrebbero ritrovati e riletti per interessanti riflessioni progettuali.
“Old book bindings” di Tom Murphy VII – Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.
“Mettersi in gioco” è il dovere del nuovo “facilitatore”, di chi ha capito dove si dovrebbe andare e soprattutto come. E’ difficile trovare la via, e soprattutto il gruppo allenato. Una sfida per un mondo spesso fermo nelle pastoie burocratiche e con tempi di realizzazione lentissimi. Perché i paesi europei e industrializzati non investono in Italia: perché i tempi economici sono troppi lunghi e quindi non è un paese interessante per i mercati. Questo il parere che circolava su alcuni giornali mesi fa. Siamo il paese del dire, ma non del fare e ripetiamo slogan e concetti, senza poi verificare se sono stati attuati e realizzati. La forma vince sulla sostanza, l’apparenza sulla qualità.
Si annaspa sul trend del momento ma non ci si domanda chi fa cosa e da quando e come… si parte senza riflettere, senza informarci, senza documentarci.. poi ci si ferma… sovrastati da impegni più grandi di noi, senza gli opportuni supporti economici ed umani… già la risorsa umana quella che effettivamente regge i progetti e fa progredire, che va avanti e supporta tempi e modalità, ma deve essere preparata e motivata, altrimenti ogni bel progetto naufraga tristemente…
Per costruire la squadra ci vuole allenamento, oltre alla condivisione di metodi e obiettivi, occorre rispetto dell’altro e sinergia di competenze. La metafora: il team della Formula 1. Nessun bravo pilota vincerebbe la sua coppa se quei tecnici, ciascuno diverso per esperienza e competenza, non svolgessero al meglio il proprio lavoro, nel rispetto delle singole differenze. Ogni bullone è fondamentale, così come il riempimento del serbatoio, o la pressione delle gomme, e il tutto fatto nel rispetto dei tempi e degli obiettivi. Con una grande lezione di rispetto e di educazione: ognuno conta per ciò che sa fare al meglio nel suo settore, non per titoli o diplomi, che spesso sono stati rilasciati in periodi temporali datati e non più in relazione al profilo professionale della persona di oggi, nel suo contesto e nella sua esperienza di lavoro.
Paola Capitani: Formatrice e consulente, coordina dal gennaio 2000 il gruppo on line “web semantico”http://gruppowebsemantico.blogspot.it http.//libronelbicchiere.blogspot.it). Pubblica libri, articoli, saggi e e-book quali i due recenti per FrancoAngeli Scuola Domaniì” (2006), Il knowledge management (2006) e due ebook uno per www.ebooks.garamond.it Comunicare diversa-mente (2008) e il Multilingual glossary for communication/knowledge/information (www.reterei.eu). Coordina la Banca del Tempo di Borgo San Lorenzo e svolge attività di volontariato da oltre venti anni. Pubblica su www.bibliotecheoggi.it e sulle riviste digitaliwww.italiauomoambiente.it e www.igel.it
In ricordo di Anna sulla scia delle emozioni – Presentazione del romanzo Chiodi e Farfalle
Di Paola Capitani
Alla Biblioteca delle Oblate, a Firenze, luogo magico e di cultura l’alchimia è di casa e spesso con le emozioni a portata di mano…
Ieri, 7 febbraio alle ore 17.00, un affettuoso ricordo di Anna Fabiano, scrittrice calabrese che ci ha lasciato a giugno scorso.
Il suo ultimo libro, uscito postumo, “Chiodi e farfalle”, edito da Ferrari di Rossano Calabro, è stato ricordato con affetto e partecipazione da quanti sono intervenuti in memoria di Anna, ma soprattutto per continuare il suo “forse…forse… forse” e il suo coraggio ed entusiasmo.
Una donna forte, volitiva, controcorrente, insegnante, scrittrice, ma soprattutto coraggiosa ed entusiasta nella sua battaglia di vita personale e nel suo impegno politico e sociale. Una donna semplice ma determinata, ricca di anima e cultura, che ha affrontato a testa alta tutte le difficoltà che la vita le ha presentato. Ma non si è mai arresa con la determinazione del suo ‘voglio’ che l’ha sorretta fino alla sua lotta ultima. Non ci ha lasciato, anzi è sempre di più con noi e ci ha consegnato il suo impegnativo testimone che la cognata Daniela ci ha dato nelle sue vibranti parole.
Ieri alle Oblate il tenero ricordo di Alberto Pestelli amico di Anna e scrittore, che ha rivissuto i toccanti momenti dei loro incontri, il commento arguto e ricco di riflessioni di Emanuela Periccioli, insegnante e delegata alle Pari Opportunità del comune di Borgo San Lorenzo, quello di Antonia Ida Fontana della Società Dante Alighieri di Firenze, di Giorgio Burdese dell’Associazione AICS di Firenze, di Paolo Minerva, scrittore e animatore di eventi culturali, di Tonino Muscetta, parente della famiglia De Bellis, presente al gran completo per questo sentito ricordo.
La ricetta è semplice… si tratta di partecipare, ma ci vuole impegno, affetto, emozioni e un pizzico di tempo e il gioco è fatto.
Grazie anche a Francesco Stoppi che ha fornito la sua professionalità di fotografo e che ci consentirà di corredare con i suoi scatti l’empatia del ricordo.

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Un anno fa… buon compleanno a “L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente”
Di Alberto Pestelli
Un anno solare è trascorso… esattamente il primo febbraio 2014, la nostra rivista gratuita on line “L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente”, ha preso vita. Forse ha ripreso vita, come la Fenice è risorta dalle sue ceneri, dalla scomparsa della rivista cartacea Toscana, l’uomo, l’ambiente.
Il direttore Gianni Marucelli ed io avevamo già da tempo sognato di rimettere in piedi questo meraviglioso sodalizio ma, per una storia o un’altra, non siamo mai riusciti a trovare l’incipit per far sì che l’avventura si avverasse. Poi, la svolta…
Avevo ristrutturato da appena un mese il mio sito personale (www.spezialefiesolano.it) servendomi di un potente mezzo per la sua costruzione e gestione. Giorno dopo giorno mi sono accorto delle potenzialità che esso poteva offrire ai nostri scopi. Un attimo è bastato per capire che era giunto il momento di far nascere “L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente”.
D’accordo con Gianni Marucelli la rivista è stata ospitata per qualche tempo dal mio sito fino a quando non abbiamo aperto, nel marzo 2014, www.italiauomoambiente.it. Lo Speziale fiesolano non è stato però abbandonato ma ha continuato a operare come sito associato fino a dicembre dello scorso anno a ospitare i file per il download della rivista e qualche articolo. Dal primo febbraio la sua funzione può considerarsi conclusa perché il presente sito sta camminando da molti mesi sulle proprie gambe e con grandissimo successo.
Abbiamo iniziato che eravamo in quattro: Gianni Marucelli, Maria Iorillo, Iole Troccoli ed io. Lungo il percorso abbiamo accolto nella nostra “famiglia” tanti cari amici: Massimilla Manetti Ricci, Luigi Diego Eléna, Anna Conte, Carmelo Colelli, Paola Capitani, Alessio Genovese, Carmen Ferrari, Alessandro Ghelardi, Gabriella Usai, Guido DeMarchi, Luigi Carbone. Sono sicuro che altri amici, amanti della natura, della cultura e dell’arte entreranno a far parte del gruppo.
Ci aspetta un 2015 pieno di soddisfazioni e di iniziative editoriali gratuiti e non (mini ebook e libri cartacei – questi ultimi ci permetteranno di autofinanziare il nostro progetto perché mantenere un sito, organizzare eventi ha un prezzo non indifferente). Siamo certi che i nostri lettori aumenteranno e faranno conoscere la nostra rivista in tutta Italia.
Grazie per tutto quanto,
Alberto Pestelli
Coordinatore di redazione
Incontro sul Romanzo CHIODI E FARFALLE di Anna Maria Fabiano
di Anna Maria Fabiano
(Ferrari Editore – 2014)
Sabato 7 febbraio 2015, alle ore 17,00
Sala Conferenze della Biblioteca delle Oblate
Via dell’Oriuolo 26, FIRENZE
Interverranno, oltre all’Editore Settimio FERRARI
Giorgio BURDESE (AICS Firenze), Paola CAPITANI (Gruppo Websemantico), Antonia Ida FONTANA (Società Dante Alighieri), Paolo MINERVA (Scrittore), Emanuela PERICCIOLI (delegata Pari Opportunità del Comune di Borgo San Lorenzo, Firenze)
Introduce Alberto PESTELLI (coordinatore di redazione della rivista on line “L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente”)
Il romanzo:
Chiodi e farfalle racconta di una giornalista, quasi quarantenne, che, tornata nel suo paese di origine, nel sud, ritrova i suoi diari giovanili e, in una sola notte, ripercorre la sua vita. Mentre la luna fa luce sul mare (la quarta parete) e sull’ emozione risvegliata dall’incontro casuale col suo primo grande amore, “quella strana follia, quell’unica persona che si era annidata dentro di lei…”
Il romanzo è un’immersione nella realtà dell’Italia degli anni ’70, caratterizzata dalle contestazioni studentesche e dalle rivolte femministe, dagli eventi culturali di quel periodo, dai fatti tragici degli anni di piombo, dal caso Pinelli…
“[….] Aveva con sé dei documenti che voleva farmi leggere, una lettera, inizialmente sottoscritta e divulgata da [….] firmatari, ma poi pubblicata sull’ Espresso del 13 giugno, [….] Le accuse sono rivolte a quelle persone che hanno condizionato l’iter processuale in favore del commissario Calabresi, partendo dal presupposto che Pinelli sia stato ucciso e che quindi ci sia una bella fetta di responsabilità del Commissario in merito alla sua morte…”
Ed è in questo scenario che scorre la vita di Francesca, una donna con le sue fragilità e i suoi sentimenti, le sue lotte interiori tra tante insicurezze e poche certezze (e resto qua come una pietra pensante, persa nel nulla e nel vuoto di certezze mai possedute), i suoi amori, la nascita della figlia e il desiderio di libertà. Libertà come abolizione dei compromessi e delle banalità. Libertà da una famiglia poco accogliente: la Madre borghese e insensibile, troppo attenta a se stessa e alle apparenze sociali; un padre buono ma poco autorevole, distratto; una sorella che, per un motivo che scoprirà solo successivamente, si rifugia in un matrimonio sbagliato e nella maternità. E libertà da un segreto che la condizionerà come donna e come persona. Francesca cadrà tante volte ma ogni volta si rialzerà.
“Lascia [….], con un chiodo puntato nella pelle che brucia fino a farla decomporre. E una farfalla che, libera, sprigiona i suoi eterni vagabondaggi, mentre il sole sta nascendo dal mare. A riprova che comunque la vita non è stasi e, finché resta una briciola di coraggio, si può inventare un nuovo giorno.”
Interessanti le citazioni culturali del periodo, dal cinema all’arte, dalla letteratura alla musica, con approfondimenti personali che denotano una solida cultura e capacità critiche dell’Autrice.
“Roma, Guttuso l’ha dipinta cercandone gli aspetti più profondi e intensi, non solo sociali, ma anche politici, anche religiosi [….] Ecco, pensa a un’opera come La crocifissione. Oggetto di discussioni, polemiche e bersaglio di benpensanti, purtroppo, anche perché Guttuso maschera, attraverso la sacralità, gli orrori della guerra; e tuttavia è l’opera che gli darà la fama. C’è una parte del suo diario dove dice che è “il simbolo di tutti coloro che subiscono oltraggio, carcere, supplizio per le loro idee…”
Durante la lettura dei suoi bloc notes, Francesca ricorderà gli amici, gli amori, le persone che l’hanno aiutata a “crescere” e a diventare la persona che è oggi. Anna Maria Fabiano ancora una volta racconta della donna con le sue fragilità e i suoi sentimenti, i dilemmi e i dualismi, e lo fa con uno stile narrativo più maturo e meno tendente a influssi surreali, utilizzando con cura e precisione le tecniche narrative e sintattiche. Un romanzo coinvolgente nel quale il lettore, ritrovando sensazioni e atmosfere, navigherà in un mare di eventi e parole che lo faranno sentire coprotagonista della storia.
Maria Iorillo
“Il metodo Montessori”…
di Paola Capitani
Nel quartiere degradato del centro storico, a Firenze, tra Borgo Allegri, la piazza delle Rovine (bombardata durante la seconda guerra mondiale), alcune baracche di legno ospitavano l’asilo e le scuole elementari, sezione staccata della Scuola elementare Dante Alighieri, che aveva la sede all’ombra del Tribunale, vicino alla casa di Dante.
Baracche di legno, costruite in fretta e furia, per dare un’istruzione ai ragazzi delle famiglie del quartiere: ladri, prostitute, carcerati, ricettatori. Il metodo didattico prescelto: il metodo Montessori, ritenuto idoneo per sperimentare un nuovo modello educativo che poteva migliorare la situazione sociale degli alunni, o meglio delle alunne, in quanto era doverosamente una sezione femminile, a parte l’asilo che invece era misto.
I fiocchi di diverso colore, a seconda della classe di appartenenza, indicavano il livello di età e facevano bella mostra sopra gli immacolati grembiulini bianchi. Le treccine, le code, le frangette, ordinate e ben pettinate si confacevano allo stile indicato dalla direzione che le maestre, con il tradizionale grembiule nero e colletto di pizzo, impartivano con serietà ma anche con affetto.
La paciosa Isolina Marchetti, mia insegnante per cinque anni, è quella a cui devo la mia cultura e il metodo di apprendimento, la costanza e l’impegno che ancora mi accompagnano dopo tanti anni. Il desiderio di rispettare tempi, scadenze e di osservare regole e indicazioni. I quaderni a righe di prima, poi di seconda e di terza, le cornici e le greche sulle pagine corrette e ben ordinate, i voti con la matita rossa e blu che indicavano il risultato ottenuto. Il gesso che strideva sulla lavagna, i fiori nel vaso sulla cattedra, il silenzio durante le lezioni, i banchini sperimentali in formica e metallo, presentati in anteprima nel Museo della Scuola in Palazzo Gerini. L’edificio seicentesco, nobile e blasonato, ospitava la Biblioteca Pedagogica Nazionale e il Centro Didattico Nazionale di Studi e Documentazione (oggi ANSAS, www.indire.it). Anni storici per la storia della scuola e per le sperimentazioni in corso, per cui la collocazione di una scuola elementare accanto all’istituto ne faceva un perfetto insieme. Spesso le alunne venivano condotte nelle sale di Palazzo Gerini per provare banchi e sedie, per verificare lavagne, mappamondi, o per ascoltare brani di libri di testo o guardare illustrazioni di libri per bambini.
Allineate e ordinate, in fila per due, in silenzio, si varcava il portone che andava dentro il palazzo per noi quasi un mito, un luogo di fascino, una zona magica. Nei saloni, nelle aule, nelle stanze delle mostre vivevamo il nostro attimo fuggente con particolare rapimento, credendo di vivere un momento fantastico, irripetibile.
Erano i tempi del dopoguerra, ancora scarseggiavano i cibi e le tavole erano semplici e povere, ricche di polpette e di lesso, di patate e poco più. Il pollo e l’arrosto erano i piatti della domenica arricchiti a volte anche dal vassoio di paste della pasticceria del quartiere. I bambini erano ancora gracili e bisognosi di cure, per cui la quotidiana dose di “olio di fegato di merluzzo” veniva sorbito a malincuore, addolcito dalle mentine colorate o da una cucchiaiata di zucchero. Ci mettevano in fila lungo le pareti dell’aula e la bidella di turno ci versava da un’ampolla di vetro il nauseabondo liquido oleoso, a cui facevamo boccacce disgustate, ma serviva a dare forza e a sostenere.
A metà mattina arrivava anche il latte della Centrale che era fornito sempre per contribuire alla crescita delle nuove leve, e a Natale si aggiungeva anche il piccolo panettone inviato dal sindaco, il mitico Giorgio La Pira. Per anni ho creduto che il sindaco fosse un pasticcere che ci forniva quella prelibatezza, per di più nel formato adatto a noi bambini, piccolo e trasportabile nel panierino di paglia in cui portavamo il bicchiere e il tovagliolo, con il dovuto simbolo di riconoscimento ricamato dalla mamma o da una parente in grado di adoprare l’ago.
A distanza di anni che piacere ritrovare alcune amiche delle elementari rimaste ancorate a un quartiere storico, tipico, caratteristico, quello di Vasco Pratolini, di Sant’Ambrogio, di Santa Croce, dove i ricordi riaffiorano per magia. Un quartiere che ancora ha una storia da raccontare e che fa palpitare per i colori e l’atmosfera e dove ancora troneggia il Palazzo Gerini, dirimpettaio della bella Loggia del Pesce trasportata dalla storica piazza del Mercato Vecchio, un tempo in quella zona che oggi è Piazza della Repubblica.
Un quartiere dove la scuola era il fulcro, la biblioteca il punto di incontro e di riferimento e dove per anni i ragazzi hanno trovato uno spazio pulito, sano e stimolante.
Grazie alle insegnanti che si sono prodigate con impegno e con attenzione, con affetto e benevolenza e che hanno trovato il metodo giusto per insegnare le tabelline e la grammatica, la composizione e la ginnastica. Un’apposita maestra ci faceva esibire in dimostrazioni ginniche più vicine ad un saggio di marca fascista che di sport.. ma lo facevamo all’aria aperta e giocosamente e questo per noi era già sufficiente.
Grazie a Maria Montessori che ci ha insegnato l’alfabeto, già dalle classi dell’asilo, dove avevamo anche i giochi a incastro per lavorare con dimestichezza con forme e colori, ai telai dove abbiamo imparato fino dai primi anni a fare fiocchi e nodi, ad allacciare le stringhe delle scarpe e soprattutto a prenderci cura del nostro ambiente di lavoro, dove ogni giorno avevamo compiti da svolgere a rotazione, mansioni che svolgevamo con impegno ed allegria, sapendo che stavamo lavorando insieme agli altri per un obiettivo comune.
Una scuola che aveva metodi, valori, regole e legami e che ha lasciato un segno profondo indelebile in quanti hanno vissuto su quei banchi di allora, con quegli insegnamenti solidi e vivi
che ci sorreggono ancora dopo tanti anni e che ci riportano a momenti di serenità e di crescita individuale.
Paola Capitani –paolacapitani@libero.it
Consulente e formatrice coordina dal gennaio 2000 ilGruppo web semantico(http://gruppowebsemantico.blogspot.it). Ha pubblicato saggi ed articoli nel settore della gestione della conoscenza e dei servizi informativi quali Editoria digitale: ma la scuola cosa ne sa?, (in preparazione), Comunicare diversa-mente, 2008, www.ebooks.garamond.it, “Scuola domani”, 2006, FrancoAngeli, Knowledge Management, 2006, FrancoAngeli, favole e poesie, e intriga con la fantasia e le emozioni. Curiosa adora viaggiare per incontrare, vedere, comunicare, narrare e muovere i pochi neuroni che ancora restano.

Based on a work at www.italiauomoambiente.it.