Passa ai contenuti principali

socrate e Giullari a Nicola



Socrate: esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza.

Di Paola Capitani
Socrates and Xanthippe.jpg
“Socrates and Xanthippe” di Otto van Veen – Xanthippe versant de l’eau sur la tête de Socrate – Gravure d’Otto Van Veen, Anvers 1607. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.
Durante un’estate da dimenticare, tra il caldo torrido, il dolore per un intervento effettuato, l’obbligo di stare a casa, la mancanza di contatti di amici e parenti, mi ha fatto riflettere su temi quali la conoscenza e l’ignoranza. Due concetti diametralmente opposti che si fronteggiano e che provocano vittime, senza spargimento di sangue, ma con la diminuzione di uso di cellule cerebrali, di neuroni, di emozioni e sentimenti. Tutto questo alimenta in maniera esponenziale la solitudine e crea delle lande sperdute dove ognuno si sente più solo e in balia di fenomeni che non riesce a controllare. Per non parlare del bollettino di guerra rappresentato dalle notizie dei giornali, dei notiziari radiotelevisivi e radiofonici. In un secolo dedicato alla comunicazione si assiste inermi a falsi contatti e false amicizie, così chiamate sui network più gettonati dove si inviano notizie a raffica, foto di pranzi e località, ma non interessa chi li legge e, peggio, non si crea un canale comunicativo vero, ma solo una vetrina dove ciascuno si espone, con pericolose ricadute di quella privacy tanto invocata. Ma questo è lo scenario. È sufficiente un sintetico “mi piace” per sentirsi gratificati e il “dare amicizia” ormai un luogo comune in cui la parola “amicizia” ha perso il suo vero significato. Fortunatamente alcuni esperti del settore hanno capito il danno conseguente a tale fenomeno che hanno provocato e hanno iniziato a chiudere i vari “canali” per ovviare a questo inaridimento di sentimenti a all’impoverimento della comunicazione e quindi della conoscenza, del rispetto, dell’educazione, della creatività. Tutti cliccano, taggano, postano, fotografano, ma non interessa di costruire un legame vero e profondo, solo contatti rapidi e superficiali, com’è purtroppo la vita di oggi, dove i valori veri sono stati dimenticati.
Sempre più si assiste a scene che denotano arroganza, sopraffazione e maleducazione, dimenticando il banale ma fondamentale rispetto per l’altro, chiunque esso sia. Semplici ma basilari gesti di buona educazione sarebbero facilmente elencabili, ma chi ha conoscenza di fatti e di persone sa di quali episodi si tratta: dalle code ai negozi e agli sportelli, dalla modalità di salita e discesa dai mezzi pubblici, dall’uso spregiudicato di spazi comuni, dal disinteresse totale verso gli altri, in particolare verso chi ha problemi di deambulazione o altre patologie. Le esortazioni a un comportamento civile e civico ci ricordano suggerimenti superati e antiquati, ma purtroppo sono fondamentali per cercare di cambiare qualcosa anche nel singolo comportamento, che poi nella realtà comune potrebbe far migliorare il benessere di tutti.
Sembra uno scritto degno di Cuore o di Pinocchio, ma tale è la realtà e la conseguenza è che molti si chiudono in casa per non dover sottostare a fenomeni sgradevoli, con la paura di dover arrivare a spiacevoli discussioni che purtroppo degenerano in episodi di violenza inauditi, come i giornali ci continuano a raccontare.
Paola Capitani
Licenza Creative Commons
Socrate: esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza. di Paola Capitani © 2015 è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Based on a work at www.italiauomoambiente.it.
Share Button

La scuola di Giullari e Menestrelli a Nicola di Ortonovo (La Spezia)

Di Paola Capitani
Panorama di Nicola
“Nicola (Ortonovo)-panorama 2014-2” di Davide Papalini – Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.
Dal marzo 2015 è nata una collaborazione con laCompagnia degli amici di Nicola di Ortonovo (La Spezia). Domenica 15 marzo si è svolto un ameno intrattenimento con Barbara, Fabio, Paola e Roberto, grazie alla ospitalità del Comune di Ortonovo e della Associazione delle Ragazze del Borgo. Dopo la presentazione di Barbara e Fabio, e i ringraziamenti di rito, Paola ha citato il libro 10 regole per vivere con il partner (Paola Capitani, Edizioni Giovane Holden, Viareggio, 2012), un manualetto che vi farà sorridere giocando sui luoghi comuni dell’amore visti da lui e da lei. Dieci regole fondamentali per vivere o sopravvivere col partner: che siano periodi di crisi o semplici litigate passeggere, tutti o quasi i rapporti d’amore devono fare i conti primo o poi con i “dolori” del vivere in coppia. E allora la comunicazione diventa di primaria importanza, insieme al rispetto reciproco per accettare la diversità dell’altro. Tra citazioni famose, “le donne hanno uno spiccato senso dell’umorismo per sopportare gli uomini” come diceva Oscar Wilde, e non come “un pessimista pensa che le donne siano delle poco di buono, un ottimista invece se lo augura”.
giullari-menestrelli3bigAurelio Costanzo aggiunge la freschezza e l’ironia delle illustrazioni a un manuale tutto pepe. Le illustrazioni di Aurelio Costanzo campeggiavano sulla locandina della giornata di Nicola che ha fornito una simpatica carrellata di scenette e barzellette, per suggerire riflessioni ed emozioni e soprattutto per passare insieme un piovoso pomeriggio domenicale. A rallegrare il tutto le note alla chitarra di Roberto e l’improvvisazione di Marco, uno spettatore che gentilmente si è prestato a leggere battute e barzellette insieme agli “attori”. Una simpatica partecipazione che si conclusa con le parole di Giorgio Gaber “Libertà è partecipazione” augurandoci che di portare un sorriso e un pizzico di buonumore. Il programma prevede incontri mensili in aprile, maggio e giugno, dei quali, quello di aprile dedicato alla Mandragola di Machiavelli, ovvero, il triangolo… lui, lei e l’altro, mentre quello di maggio sarà una istruttiva passeggiata tra le erbe del cammino tra Casano e Nicola. Infine a giugno la festa medievale ospiterà anche intrattenimenti dei Menestrelli oltre ai tarocchi letti da Bruna Branca che ieri è stata la sorpresa imprevista alla fine dello spettacolo. Grazie a chi ha gentilmente fornito la merenda e il the che è stato una piacevole conclusione del pomeriggio al quali i presenti hanno partecipato con simpatica amicizia regalando applausi a “scena aperta”.
Share Button

Reti ovvero cooperazione e terminologia

Di Paola Capitani

“Internet2” di Fabio Lanari – Internet1.jpg by Rock1997 modified.. Con licenza CC0 tramite Wikimedia Commons.
Poiché il concetto di rete richiama il concetto di tecnologiaInternet sui quali non occorre spendere altre parole, mi preme richiamare l’attenzione sui concetti base di qualsiasi rete. Il termine, infatti, è ”insieme di procedure”, “cooperazione”, “sinergie” e ”collegamento”, per cui non si può andare in RETE se prima non si costruisce la vera Retee non si creano i presupposti per la cooperazione e le sinergie.
Da più parti e in più contesti è stato ribadito il concetto che oggi non vince più chi è grosso e forte, ma chi è veloce. Per muoversi con agilità di procedure occorrono agilità di pensiero, le opportune conoscenze per sfruttare le sinergie e le esperienze in una ottica di condivisione per obiettivi a lungo termine da raggiungere attraverso i piccoli passi.
Per effettuare questo iter è fondamentale agire in cooperazione mettendo in comune le risorse, le esperienze, i prodotti, le conoscenze, le competenze per comporre un insieme che diventa la vera rete, essenziale per agire velocemente in economia di sforzi. Termini come joint venture, cordata, team building, time sharing, sono il nostro pane quotidiano
Per agire in tal senso occorre condividere la terminologia, concetti comuni condivisi: se non ci si capisce non si comunica e se non si comunica non si procede per obiettivi condivisi. È vero che ognuno è libero di muoversi in perfetta autonomia ignorando ciò che avviene intorno e non tenendo conto delle esigenze di eventuali partner, ma il contesto nel quale operiamo ci mostra sempre più che se si vogliono perseguire obiettivi rapidi e mirati la scelta obbligata della sinergia è quella premiante. Anche se in un clima di completa democrazia ben vengano gli eremiti e i solisti con quel che ovviamente tale scelta comporta.
La globalizzazione – termine diventato fastidioso – ci ricorda che utilizziamo procedure nate in India, veicolate in inglese e utilizzate ovunque nel mondo, oppure che in tempo reale assistiamo a eventi che per sempre hanno segnato la nostra storia (l’11 settembre è ormai un simbolo di questa immediatezza di partecipazione). In un tale contesto ben vengano prodotti, idee, movimenti, risorse frutto di artigianale provenienza, per organizzare cordate e cooperazioni fa risparmiare tempo, soldi, errori e soprattutto per confrontarsi socializzando.
Ci muoviamo in un contesto apparentemente omogeneo fatto di informazione e ricerca ma che denota metodi, procedure e punti di vista profondamente lontani tra di loro: biblioteche, archivi, centri documentazione, centri di ricerca, scuola e università. Il mondo della ricerca solo apparentemente sembra parlare la stessa lingua (ma noi che ne siamo all’interno sappiamo quali sono le differenze tra soggettari, glossari, dizionari, thesauri che pur trattano del medesimo problema). Spesso punti di vista a volte quasi diametrali tra loro e che necessitano ponti, legami e correlazioni per evitare di creare fratture e quel che è peggio mancanza di comunicazione: senza di questa oggi non si può procedere in questo terreno delicato e pieno di trappole. Occorrono buon senso, lungimiranza e rispetto, alla base di qualsiasi progetto che abbia obiettivi mirati, metodi condivisi e verifiche programmate in un’ottica di pari dignità e pari responsabilità, in tempi possibilmente brevi.
Coordino da oltre quindici anni un gruppo operante nel settore della terminologia che si avvale delle conoscenze ed esperienze di autori, editori, bibliotecari, insegnanti e ricercatori e ovviamente utenti. Questo gruppo sta marciando bene forse anche perché è spontaneo e si basa sulle esigenze vissute, sulle esperienze condotte in uno spirito di totale compartecipazione, per il raggiungimento di un comune fine.
Da altrettanti anni coordino un gruppo teatrale amatoriale che oggi sta lavorando su piazze diverse e che si chiama Giullari e menestrelli, anche per citare la libertà del giullare che può dire anche al sovrano quel che pensa, ma che si muove agilmente tra le varie località e in ambienti completamente diversi. Case, scuole, carceri, residenze assistite, dove si usa la fantasia e la cultura, la musica e l’improvvisazione, ma soprattutto il cuore e la partecipazione, senza i quali nessun intrattenimento avviene. Come dice Shakespeare… la battuta non passa solo dalla bocca dell’attore ma soprattutto dal cuore dalle emozioni dello spettatore.
Tutto avviene a costo zero, sia nel caso del Gruppo web semantico che in quello dei Giullari (se non l’ospitalità degli enti organizzatori) e una partecipazione sempre più attiva e costruttiva, ma soprattutto diversificata e varia nel tempo: il metodo è collaudato. Occorre evitare le burocrazie e muoversi per obiettivi, sfruttando i rapporti personali e professionali quali leve fondanti del buon risultato delle manifestazioni.
Il concetto di Rete, con il quale convivo ormai da oltre trenta anni, mi ha convinto che lo schema vincente è costituito da: CHIAREZZA DI OBIETTIVI, METODI VALIDI, RISORSE UMANE e TECNOLOGICHE; COOPERAZIONE; RAPPORTI INTERPERSONALI, COOPERAZIONE, AGILITA’, FLESSIBILITA’, COMPETENZE PROFESSIONALI, PROGRAMMAZIONE DEI TEMPI, VERIFICHE e ovviamente MODIFICHE NECESSARIE.
I vantaggi evidenti. Ci si diverte con facilità e cultura, creatività e fantasia e oggi ci si sta muovendo su varie piazze quali Borgo San Lorenzo, Firenze, Nicola di Ortonovo (La Spezia), Rimini, e forse altre città. Servono solo disponibilità, tempi, flessibilità e reti umane.

Licenza Creative CommonsReti ovvero cooperazione e terminologia diDi Paola Capitani è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Based on a work at www.italiauomoambiente.it.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili pressohttp://gruppowebsemantico.blogspot.it .
Share Button

La Scuola di Giullari e Menestrelli

La Compagnia del Cocomero, nata a Firenze nel giugno 2003, si esibisce a Borgo San Lorenzo (FI) con la regia di Beltrando Mugnai, coadiiuvato da Paola Capitani e Vasco Teodori.
Un articolo di Paola Capitani
La Compagnia del Cocomero è formata da volontari occasionali impegnati in attività teatrali. La Compagnia è anche Scuola di Giullari e Menestrelli, i quali si muovono con occasionali compagni di viaggio, unendo esperienze e dialetti, abitudini e modi di dire. Un mosaico di esperienze e di affinità alimentate dall’entusiasmo e dalla comunicazione con il solo obiettivo di portare serenità e armonia, benessere e amicizia. L’arte ci consente di esprimere le nostre emozioni, di manifestare quanto ci appartiene e che spesso abbiamo timore a esprimere.La Scuola di Giullari e Menestrelli ha questa caratteristica e questi obiettivi: portare allegria e amenità a chi ne ha bisogno e soprattutto giocare scherzando e scherzare giocando.
giullari-menestrelli3bigIl trucco c’è: riprendersi spazi e interazioni, cercando di salvarsi da aridità ed egoismo, dalla superficialità e dall’apparenza. Grazie a un simpatico gioco di ruolo si passano momenti magici, intrigando con la fantasia e creando complicità innocue ma profonde, scambi di umori e di tensioni, recuperando un benessere interiore, senza controindicazioni e senza costi. Non ci sono guadagni ma un sicuro corroborante passatempo e un’ottima terapia, soprattutto per chi lo pratica, con l’obiettivo di vivere meglio il quotidiano, giocando con l’ironia e il buonumore, creando sinergie e comunicazione, con la collaborazione e l’impegno di tutti per creare una rete che non è Internet, ma si muove nascosta muovendo i fili dell’anima e dell’affetto.
Licenza Creative CommonsScuola di Giullari e Menestrelli di Paola Capitani è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Based on a work at www.italiauomoambiente.it.
Share Button

Futuro in rosa

Di Paola Capitani
festadonna-mimosa
Formazione e pari opportunità. Il tema è sempre di attualità forse anche perché l’Italia ancora non è completamente in regola sulla gestione al femminile e alle caratteristiche della leadership la donna ha ricevuto vari commenti. Secondo uno studio McKinsey la crescita è assicurata se fra i top manager ci sono almeno tre donne (ad esempio a capo delle vendite, degli acquisti, del personale, del marketing, dell’ufficio legale, insomma nelle funzioni chiave aziendali).. Dal sondaggio condotto su un campione di manager europei (2.864 donne e 6.126 uomini) risulta infatti che le dirigenti sono particolarmente brave a usare le nove leve organizzative (sviluppo professionale dei collaboratori, aspettative e premi, modello di ruolo convincente, fornire ispirazione alle risorse umane, produttività individuale, stimolo intellettuale al team, comunicazione efficiente, prender decisioni al momento opportuno, allineamento degli obiettivi…”. 
Una testimonianza personale, alla soglia della terza età, mi permette una considerazione sulle diverse esperienze maturate nel settore sia pubblico che privato e in aree diverse tra di loro.
   Nonostante seminari, tavole rotonde, articoli, atti di convegni ancora la donna ne deve fare di strada per trovare una sua dimensione e affermare un suo ruolo nel mondo del lavoro, almeno a livelli di responsabilità e di prestigio. Le cause sono molteplici e non sempre legate a “colpe” del mondo maschile, ma purtroppo anche ad una scarsa stima che la donna ancora ha nel suo ruolo occupazionale e nella difficoltà ad assumersi impegni e responsabilità storicamente lontane del suo “atteggiamento di cura”. Anche io, spesso, se sono l’unica donna in un contesto maschile, faccio fatica a non “servire il caffè” al momento dell’intervallo, perché storicamente legata alla dimensione protettiva. Ma i tempi sono maturi e quando leggo che una donna di 33 anni, ingegnere, madre di otto figli (tutti partoriti da lei) svolge anche un ruolo pubblico… allora abbiamo un futuro “in rosa”!
     Basta piangersi addosso e via con le maniche rimboccate fino alla spalla… pronte ad assumersi con dolce fermezza ruoli sempre più intriganti e “avvincenti”. Avanti tutta! Soprattutto come suggeriva la mitica Bianca Bianchi, insegnante e impegnata politicamente, membro della prima Costituente del 1946 che ci ha energicamente bacchettato in palazzo Vecchio per un mitico 8 marzo di anni fa… “la colpa è di voi donne che siete abituate a delegare”!
   Una ennesima visione di Speriamo sia femmina di Monicelli, che da uomo ha saputo tratteggiare sapientemente tutti i profili femminili e mettere in berlina alcuni schizzi maschili, con arguzia e ironia, ha affrontato un tema che parla di sentimenti, emozioni, maschili e femminili con garbo e cultura.
un brano da Internet…
In un grande casale della campagna toscana (in realtà il film fu girato nell’alto Lazio a Stigliano, località nel Comune di Canale Monterano) vive in armonia un gruppo di donne (più una che non compare nel film e che si dice viva a Catania e un’altra ancora che si vedrà nella parte centrale del film: l’amante romana del conte). Un racconto dunque quasi tutto al femminile dove le donne sono una maggioranza che sovrasta i pochi uomini che partecipano alla storia.
Elena, donna energica e razionale, dirige la fattoria, mentre la domestica Fosca, pratica e di buon senso, è il vero nume tutelare della casa, che provvede alle necessità materiali di tutte. Fosca si prende cura di due ragazzine, sua figlia Immacolata detta Imma, e la nipote di Elena, Martina. Martina è figlia di Claudia, famosa attrice residente a Roma, che per egoismo e necessità di lavoro ha praticamente abbandonato la ragazzina affidandola alla sorella Elena.
Un’altra donna, Franca, la figlia maggiore di Elena, appare in casa o scompare a seconda dei fidanzati presi o lasciati. La figlia minore, Malvina, mite e sottomessa, pensa prevalentemente ad allevare e curare con affetto i cavalli della fattoria.
In questo gineceo l’unica figura maschile è il vecchio zio Gugo, completamente rimbambito e fastidioso per i suoi imprevedibili colpi di testa, accudito passo passo dalla domestica. In questo ambiente tutto sommato sereno, dove ognuno vive come vuole, arriva il conte Leonardo, marito della padrona, sebbene i due vivano separati di comune accordo. Il motivo della visita è al solito economico: il conte vorrebbe ristrutturare un complesso termale in disuso, di proprietà della famiglia, per trasformarlo in un locale moderno, che a suo parere diverrebbe una vera miniera d’oro, ma mancandogli i denari per realizzare il proficuo affare, è venuto a battere cassa. Le sue speranze saranno deluse: la moglie chiede un parere sull’affare al suo esperto fattore Nardoni, che fra l’altro è il suo amante, il quale la sconsiglia d’impegnarsi in un’impresa del tutto sconsiderata.
Donne
Hanno un’anima:
  non sono solo strumento di sesso
  e di riproduzione;
  hanno una testa e dei sentimenti,
  che spesso gli uomini sottovalutano.
La colpa è di chi non sa farsi stimare e apprezzare,
   abituate a ritagliarsi spazi di ripiego e di comodo,
   inconsapevoli dei pregi e delle potenzialità.
Devono imparare a farsi valere, a rinunciare,
    per non calpestare il proprio orgoglio
    e il proprio rispetto.
Possono essere autosufficienti
    e rifiutare offerte
    di semplici “brincelli di carne”,
    per conquistare brani di mente,
    di anima e, magari … anche di cuore.
Paola Capitani
É piú facile trovar dolce l’assenzio, che in mezzo a poche donne un gran silenzio.

Amori campestri (Reggello, Casa Cares, dicembre 1997)
Lei dolce, languida, sensuale
lo avvolge con la sua fatale femminilità.
Lui, con il suo abito elegante e severo,
sembra non recepire i messaggi amorosi.
All’improvviso un turbamento
tra le fronde argentee
lei sussulta,
muovendo le gialle foglie,
per comunicare profonde sensazioni.
Ecco forse il motivo per cui la natura ha voluto
lui maschio, l’ulivo,
e lei femmina, la vite,
per celebrare intimi rapporti
frutto non solo di arboree origini.

Paola Capitani

Share Button

Biblioteca scolastica che passione!

Di Paola Capitani

“Scaffale libri” di ​wikipedia user Mix. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.
Da sempre la scuola fa parte della mia vita: alunna, insegnante, madre, rappresentante di classe, scrittrice di articoli e saggi, formatrice, consulente per servizi informativi, facilitatore di tavolo in sistemi di comunicazione interattiva. Il mio calendario non può essere quello solare, ma solo quello scolastico: da ottobre a giugno, secondo il vecchio orario di tempi lontani, quando la scuola cominciava il primo ottobre e già il 4 ottobre era vacanza per San Francesco, patrono d’Italia.
I rumori a me più familiari sono: il gesso che stride sulla lavagna nera (quella appunto di lavagna), il trillo della campanella che ritma la giornata, gli schiamazzi dell’intervallo e dal cambio di insegnante, il silenzio che precede l’interrogazione, quando ansiosi si aspetta la citazione del cognome del “destinato al sacrificio”. Momenti magici, paure, ilarità, timori, complicità, un patrimonio di ricordi, che hanno formato caratteri, persone, individui. Ecco perché vedere e sentire che qualcuno ha vissuto la scuola come perdita di tempo, come spazio vuoto, come inutile momento fa veramente paura e invita a riflettere.
Cosa è accaduto? Cosa ha rotto il meccanismo? I giovani sono cambiati? È ovvio! Sono forse uguali gli oggetti, i fatti, i pensieri, la vita di oggi rispetto a quella di 30 anni fa, ma anche di ieri? E questa rapida trasformazione come viene interpretata, vissuta, “comunicata” ai giovani di oggi? Non si può montare su un jet e pensare che funzioni ancora come un treno a vapore. Questo forse alcuni “illusi” immaginano, specialmente quelli che dicono che “i ragazzi di oggi sono difficili”, sono demotivatinon hanno punti di riferimento. Ma chi sono i responsabili di queste carenze: loro?? Chi li ha dato esempi e schemi? Chi li fornisce continui stimoli negativi?
Nella “società della conoscenza” dovremmo essere comunicatori, in grado di interagire e come diceva uno slogan letto anni fa alla Fortezza da Basso per il Town meeting “Interazione per l’innovazione”. L’innovazione non comincia nelle tecniche, inizia da noi e come dice la bella frase di Charles Darwin “Non è la più forte specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti”.
 Ecco il primo tasto dolente: il cambiamento inizia dai docenti, dai genitori, dalle famiglie, dalle istituzioni che, spesso, sono arroccate su ruoli e funzioni che danno potere (apparente.. spesso) o sicurezza. Nei veri saggi educativi le unità didattiche sono su “quello studente” e “quello solo”, poiché non ci sono ricette pronte per l’uso: l’insegnamento è giorno per giorno, l’apprendimento cambia e l’interesse insieme a lui. E come diceva John Naisbit ad un celebre convegno in Palazzo Vecchio nel 1984… “la conoscenza nelle mani di molti non il denaro nelle mani di pochi”.. e già allora lui abitata in uno sparuto paesino nel Montana, ma doverosamente connesso in rete con tutte le tecnologie esistenti. Una lettura da ripercorrere fedelmente quella di Bianca Bianchi che nel suo Per una scuola d’Europa scriveva nel 1964 principi e metodi che ancora oggi nel terzo millennio sono di la da venire… Bianca Bianchi, Teresa Mattei, recentemente scomparsa, Maria Montessori, sono i nomi che con Don Milani andrebbero ritrovati e riletti per interessanti riflessioni progettuali.

“Old book bindings” di Tom Murphy VII – Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.
“Mettersi in gioco” è il dovere del nuovo “facilitatore”, di chi ha capito dove si dovrebbe andare e soprattutto come. E’ difficile trovare la via, e soprattutto il gruppo allenato. Una sfida per un mondo spesso fermo nelle pastoie burocratiche e con tempi di realizzazione lentissimi. Perché i paesi europei e industrializzati non investono in Italia: perché i tempi economici sono troppi lunghi e quindi non è un paese interessante per i mercati. Questo il parere che circolava su alcuni giornali mesi fa. Siamo il paese del dire, ma non del fare e ripetiamo slogan e concetti, senza poi verificare se sono stati attuati e realizzati. La forma vince sulla sostanza, l’apparenza sulla qualità.
Si annaspa sul trend del momento ma non ci si domanda chi fa cosa e da quando e come… si parte senza riflettere, senza informarci, senza documentarci.. poi ci si ferma… sovrastati da impegni più grandi di noi, senza gli opportuni supporti economici ed umani… già la risorsa umana quella che effettivamente regge i progetti e fa progredire, che va avanti e supporta tempi e modalità, ma deve essere preparata e motivata, altrimenti ogni bel progetto naufraga tristemente…
Per costruire la squadra ci vuole allenamento, oltre alla condivisione di metodi e obiettivi, occorre rispetto dell’altro e sinergia di competenze. La metafora: il team della Formula 1. Nessun bravo pilota vincerebbe la sua coppa se quei tecnici, ciascuno diverso per esperienza e competenza, non svolgessero al meglio il proprio lavoro, nel rispetto delle singole differenze. Ogni bullone è fondamentale, così come il riempimento del serbatoio, o la pressione delle gomme, e il tutto fatto nel rispetto dei tempi e degli obiettivi. Con una grande lezione di rispetto e di educazione: ognuno conta per ciò che sa fare al meglio nel suo settore, non per titoli o diplomi, che spesso sono stati rilasciati in periodi temporali datati e non più in relazione al profilo professionale della persona di oggi, nel suo contesto e nella sua esperienza di lavoro.
Paola Capitani: Formatrice e consulente, coordina dal gennaio 2000 il gruppo on line “web semantico”http://gruppowebsemantico.blogspot.it  http.//libronelbicchiere.blogspot.it). Pubblica libri, articoli, saggi e e-book quali i due recenti per FrancoAngeli Scuola Domaniì” (2006), Il knowledge management (2006) e due ebook uno per www.ebooks.garamond.it Comunicare diversa-mente (2008) e il Multilingual glossary for communication/knowledge/information (www.reterei.eu). Coordina la Banca del Tempo di Borgo San Lorenzo e svolge attività di volontariato da oltre venti anni. Pubblica su www.bibliotecheoggi.it e sulle riviste digitaliwww.italiauomoambiente.it e www.igel.it
Share Button

In ricordo di Anna sulla scia delle emozioni – Presentazione del romanzo Chiodi e Farfalle

Di Paola Capitani
 logo biblioteca delle oblate Firenze
Alla Biblioteca delle Oblate, a Firenze, luogo magico e di cultura l’alchimia è di casa e spesso con le emozioni a portata di mano…
Ingresso della biblioteca delle Oblate di Firenze - Alberto Pestelli © 2015
Ingresso della biblioteca delle Oblate di Firenze – Alberto Pestelli © 2015
Ieri, 7 febbraio alle ore 17.00, un affettuoso ricordo di Anna Fabiano, scrittrice calabrese che ci ha lasciato a giugno scorso.
Il suo ultimo libro, uscito postumo, “Chiodi e farfalle”, edito da Ferrari di Rossano Calabro, è stato ricordato con affetto e partecipazione da quanti sono intervenuti in memoria di Anna, ma soprattutto per continuare il suo “forse…forse… forse” e il suo coraggio ed entusiasmo.

 Copertina di Chiodi e Farfalle
Una donna forte, volitiva, controcorrente, insegnante, scrittrice, ma soprattutto coraggiosa ed entusiasta nella sua battaglia di vita personale e nel suo impegno politico e sociale. Una donna semplice ma determinata, ricca di anima e cultura, che ha affrontato a testa alta tutte le difficoltà che la vita le ha presentato. Ma non si è mai arresa con la determinazione del suo ‘voglio’ che l’ha sorretta fino alla sua lotta ultima. Non ci ha lasciato, anzi è sempre di più con noi e ci ha consegnato il suo impegnativo testimone che la cognata Daniela ci ha dato nelle sue vibranti parole.
Alberto Pestelli © 2015Una lettera di Anna scritta su facebook poco prima di andarsene. Un toccante testamento per noi tutti e un suggerimento per andare avanti… nonostante tutto. Come quando alla radio e alla televisione ascoltavamo impietriti se i missili scud iracheni ci avrebbero colpito e intanto continuavano la vita di sempre.
_DSC9418O come quando siamo testimoni inermi di malattie ed eventi e non possiamo chinare la testa ma anzi andare avanti con coraggio e determinazione. Non siamo stati abituati ad affrontare le avversità, la malattia, la morte… e filosofi antichi e recenti ci ricordano che Tempus fugit
Ieri alle Oblate il tenero ricordo di Alberto Pestelli amico di Anna e scrittore, che ha rivissuto i toccanti momenti dei loro incontri, il commento arguto e ricco di riflessioni di Emanuela Periccioli, insegnante e delegata alle Pari Opportunità del comune di Borgo San Lorenzo, quello di Antonia Ida Fontana della Società Dante Alighieri di Firenze, di Giorgio Burdese dell’Associazione AICS di Firenze, di Paolo Minerva, scrittore e animatore di eventi culturali, di Tonino Muscetta, parente della famiglia De Bellis, presente al gran completo per questo sentito ricordo.

Paola Capitani – Alberto Pestelli © 2015
La ricetta è semplice… si tratta di partecipare, ma ci vuole impegno, affetto, emozioni e un pizzico di tempo e il gioco è fatto.
_DSC9428Grazie ai fratelli e ai parenti di Anna ma soprattutto agli amici che, non conoscendola, hanno dedicato tempo ed emozioni per un innato spirito di gruppo e partecipazione. Questa è la vera rete che va oltre internet e i social forum, ma occorrono requisiti essenziali: anima e cuore, testa e cultura, doti che Anna possedeva alla grande.
_DSC9429
Grazie anche a Francesco Stoppi che ha fornito la sua professionalità di fotografo e che ci consentirà di corredare con i suoi scatti l’empatia del ricordo.
Anna Maria Fabiano
Anna Maria Fabiano
Licenza Creative CommonsSulla scia delle emozioni: Anna Maria Fabiano e il suo Chiodi e Farfalle di Paola Capitani © 2015 è distribuito con LicenzaCreative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Based on a work at www.italiauomoambiente.it.
Share Button

Un anno fa… buon compleanno a “L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente”

Di Alberto Pestelli
torta_di_compleanno_002
Un anno solare è trascorso… esattamente il primo febbraio 2014, la nostra rivista gratuita on line “L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente”, ha preso vita. Forse ha ripreso vita, come la Fenice è risorta dalle sue ceneri, dalla scomparsa della rivista cartacea Toscana, l’uomo, l’ambiente.
Il direttore Gianni Marucelli ed io avevamo già da tempo sognato di rimettere in piedi questo meraviglioso sodalizio ma, per una storia o un’altra, non siamo mai riusciti a trovare l’incipit per far sì che l’avventura si avverasse. Poi, la svolta…
Avevo ristrutturato da appena un mese il mio sito personale (www.spezialefiesolano.it) servendomi di un potente mezzo per la sua costruzione e gestione. Giorno dopo giorno mi sono accorto delle potenzialità che esso poteva offrire ai nostri scopi. Un attimo è bastato per capire che era giunto il momento di far nascere “L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente”.
D’accordo con Gianni Marucelli la rivista è stata ospitata per qualche tempo dal mio sito fino a quando non abbiamo aperto, nel marzo 2014, www.italiauomoambiente.it. Lo Speziale fiesolano non è stato però abbandonato ma ha continuato a operare come sito associato fino a dicembre dello scorso anno a ospitare i file per il download della rivista e qualche articolo. Dal primo febbraio la sua funzione può considerarsi conclusa perché il presente sito sta camminando da molti mesi sulle proprie gambe e con grandissimo successo.
Abbiamo iniziato che eravamo in quattro: Gianni Marucelli, Maria Iorillo, Iole Troccoli ed io. Lungo il percorso abbiamo accolto nella nostra “famiglia” tanti cari amici: Massimilla Manetti Ricci, Luigi Diego Eléna, Anna Conte, Carmelo Colelli, Paola Capitani, Alessio Genovese, Carmen Ferrari, Alessandro Ghelardi, Gabriella Usai, Guido DeMarchi, Luigi Carbone. Sono sicuro che altri amici, amanti della natura, della cultura e dell’arte entreranno a far parte del gruppo.
Ci aspetta un 2015 pieno di soddisfazioni e di iniziative editoriali gratuiti e non (mini ebook e libri cartacei – questi ultimi ci permetteranno di autofinanziare il nostro progetto perché mantenere un sito, organizzare eventi ha un prezzo non indifferente). Siamo certi che i nostri lettori aumenteranno e faranno conoscere la nostra rivista in tutta Italia.
Grazie per tutto quanto,
Alberto Pestelli
Coordinatore di redazione
Share Button

Incontro sul Romanzo CHIODI E FARFALLE di Anna Maria Fabiano

10501608_1431028003848456_6174688724323845859_nIncontro sul Romanzo CHIODI E FARFALLE
di Anna Maria Fabiano
(Ferrari Editore – 2014)
Sabato 7 febbraio 2015, alle ore 17,00
  Sala Conferenze della Biblioteca delle Oblate
logo biblioteca delle oblate Firenze
Via dell’Oriuolo 26, FIRENZE
Interverranno, oltre all’Editore Settimio FERRARI
Giorgio BURDESE (AICS Firenze), Paola CAPITANI (Gruppo Websemantico), Antonia Ida FONTANA (Società Dante Alighieri), Paolo MINERVA (Scrittore), Emanuela PERICCIOLI (delegata Pari Opportunità del Comune di Borgo San Lorenzo, Firenze)
Introduce Alberto PESTELLI (coordinatore di redazione della rivista on line “L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente”)
Anna Maria FabianoAnna Maria Fabiano, nata nel 1952 a Soveria Mannelli (Cz), ha trascorso la sua infanzia a Torino, e studiato a Roma dove si è laureata in lettere con una tesi su La Montagna Incantata di Thomas Mann, la cui sintesi fu pubblicata sulla rivista «Studi di storia dell’educazione». Tranne pochi intervalli più o meno lunghi, ha vissuto gran parte della sua vita a Cosenza e nell’hinterland cosentino, in campagna. Ha insegnato italiano e storia all’istituto tecnico commerciale Pezzullo di Cosenza. Interessata di psicologia, pedagogia, letteratura e di teatro, ha scritto poesie, racconti, recensioni, testi teatrali e tesine letterarie. Ben disposta verso la vita, la gente, il sociale, con passione ha sempre cercato di coinvolgere nei suoi progetti gli altri, riuscendone a cogliere l’essenza, l’anima. Il suo primo romanzo Il colore del mare, nel 1999, è edito da Gangemi.Il colore del cielo è pubblicato da Liberodiscrivere Edizioni nel 2006. Avevo i capelli biondi esce nel 2008 per la Rubettino Editore. Nel 2011 pubblica Immagina una piazza con Ferrari Editore. Ma sono tanti i brevi racconti e le poesie scritti fin da ragazza, influenzata da papà Pietro, amante della letteratura. Anna ha collaborato con vari editori, curato collane e progetti di scrittura creativa, tra i quali Estemporanea, Fantagraphia, Fiumidea, Malta femmina, ecc. L’ultimo lavoro Chiodi e farfalle, edito da Ferrari Editore, si può definire postumo, in quanto l’autrice non è riuscita a vederlo stampato. Anna Maria Fabiano ci ha lasciato il 25 giugno 2014.
Il romanzo:
Chiodi e farfalle racconta di una giornalista, quasi quarantenne, che, tornata nel suo paese di origine, nel sud, ritrova i suoi diari giovanili e, in una sola notte, ripercorre la sua vita. Mentre la luna fa luce sul mare (la quarta parete) e sull’ emozione risvegliata dall’incontro casuale col suo primo grande amore, “quella strana follia, quell’unica persona che si era annidata dentro di lei…”
Senza titolo“Stesa sul divano. Musica dolce a cullare il mio amarcord dove volano farfalle impazzite, emettendo degli strani suoni, e pungono chiodi dalla punta velenosa. Un grande buio che ha inghiottito la mia memoria di ragazzina e ha minato la mia fiducia nel mondo, la mia autostima, forse. Forse.”
Il romanzo è un’immersione nella realtà dell’Italia degli anni ’70, caratterizzata dalle contestazioni studentesche e dalle rivolte femministe, dagli eventi culturali di quel periodo, dai fatti tragici degli anni di piombo, dal caso Pinelli…
“[….] Aveva con sé dei documenti che voleva farmi leggere, una lettera, inizialmente sottoscritta e divulgata da [….] firmatari, ma poi pubblicata sull’ Espresso del 13 giugno, [….] Le accuse sono rivolte a quelle persone che hanno condizionato l’iter processuale in favore del commissario Calabresi, partendo dal presupposto che Pinelli sia stato ucciso e che quindi ci sia una bella fetta di responsabilità del Commissario in merito alla sua morte…”
Ed è in questo scenario che scorre la vita di Francesca, una donna con le sue fragilità e i suoi sentimenti, le sue lotte interiori tra tante insicurezze e poche certezze (e resto qua come una pietra pensante, persa nel nulla e nel vuoto di certezze mai possedute), i suoi amori, la nascita della figlia e il desiderio di libertà. Libertà come abolizione dei compromessi e delle banalità. Libertà da una famiglia poco accogliente: la Madre borghese e insensibile, troppo attenta a se stessa e alle apparenze sociali; un padre buono ma poco autorevole, distratto; una sorella che, per un motivo che scoprirà solo successivamente, si rifugia in un matrimonio sbagliato e nella maternità. E libertà da un segreto che la condizionerà come donna e come persona. Francesca cadrà tante volte ma ogni volta si rialzerà.
“Lascia [….], con un chiodo puntato nella pelle che brucia fino a farla decomporre. E una farfalla che, libera, sprigiona i suoi eterni vagabondaggi, mentre il sole sta nascendo dal mare. A riprova che comunque la vita non è stasi e, finché resta una briciola di coraggio, si può inventare un nuovo giorno.”
Interessanti le citazioni culturali del periodo, dal cinema all’arte, dalla letteratura alla musica, con approfondimenti personali che denotano una solida cultura e capacità critiche dell’Autrice.
Roma, Guttuso l’ha dipinta cercandone gli aspetti più profondi e intensi, non solo sociali, ma anche politici, anche religiosi [….] Ecco, pensa a un’opera come La crocifissione. Oggetto di discussioni, polemiche e bersaglio di benpensanti, purtroppo, anche perché Guttuso maschera, attraverso la sacralità, gli orrori della guerra; e tuttavia è l’opera che gli darà la fama. C’è una parte del suo diario dove dice che è “il simbolo di tutti coloro che subiscono oltraggio, carcere, supplizio per le loro idee…”
Durante la lettura dei suoi bloc notes, Francesca ricorderà gli amici, gli amori, le persone che l’hanno aiutata a “crescere” e a diventare la persona che è oggi. Anna Maria Fabiano ancora una volta racconta della donna con le sue fragilità e i suoi sentimenti, i dilemmi e i dualismi, e lo fa con uno stile narrativo più maturo e meno tendente a influssi surreali, utilizzando con cura e precisione le tecniche narrative e sintattiche. Un romanzo coinvolgente nel quale il lettore, ritrovando sensazioni e atmosfere, navigherà in un mare di eventi e parole che lo faranno sentire coprotagonista della storia.
Maria Iorillo
Share Button

“Il metodo Montessori”…

di Paola Capitani
Maria Montessori
Nel quartiere degradato del centro storico, a Firenze, tra Borgo Allegri, la piazza delle Rovine (bombardata durante la seconda guerra mondiale), alcune baracche di legno ospitavano l’asilo e le scuole elementari, sezione staccata della Scuola elementare Dante Alighieri, che aveva la sede all’ombra del Tribunale, vicino alla casa di Dante.
   Baracche di legno, costruite in fretta e furia, per dare un’istruzione ai ragazzi delle famiglie del quartiere: ladri, prostitute, carcerati, ricettatori. Il metodo didattico prescelto: il metodo Montessori, ritenuto idoneo per sperimentare un nuovo modello educativo che poteva migliorare la situazione sociale degli alunni, o meglio delle alunne, in quanto era doverosamente una sezione femminile, a parte l’asilo che invece era misto.
   I fiocchi di diverso colore, a seconda della classe di appartenenza, indicavano il livello di età e facevano bella mostra sopra gli immacolati grembiulini bianchi. Le treccine, le code, le frangette, ordinate e ben pettinate si confacevano allo stile indicato dalla direzione che le maestre, con il tradizionale grembiule nero e colletto di pizzo, impartivano con serietà ma anche con affetto.
La paciosa Isolina Marchetti, mia insegnante per cinque anni, è quella a cui devo la mia cultura e il metodo di apprendimento, la costanza e l’impegno che ancora mi accompagnano dopo tanti anni. Il desiderio di rispettare tempi, scadenze e di osservare regole e indicazioni. I quaderni a righe di prima, poi di seconda e di terza, le cornici e le greche sulle pagine corrette e ben ordinate, i voti con la matita rossa e blu che indicavano il risultato ottenuto. Il gesso che strideva sulla lavagna, i fiori nel vaso sulla cattedra, il silenzio durante le lezioni, i banchini sperimentali in formica e metallo, presentati in anteprima nel Museo della Scuola in Palazzo Gerini. L’edificio seicentesco, nobile e blasonato, ospitava la Biblioteca Pedagogica Nazionale e il Centro Didattico Nazionale di Studi e Documentazione (oggi ANSAS, www.indire.it). Anni storici per la storia della scuola e per le sperimentazioni in corso, per cui la collocazione di una scuola elementare accanto all’istituto ne faceva un perfetto insieme. Spesso le alunne venivano condotte nelle sale di Palazzo Gerini per provare banchi e sedie, per verificare lavagne, mappamondi, o per ascoltare brani di libri di testo o guardare illustrazioni di libri per bambini.
Calcio_fiorentino_1688
Allineate e ordinate, in fila per due, in silenzio, si varcava il portone che andava dentro il palazzo per noi quasi un mito, un luogo di fascino, una zona magica. Nei saloni, nelle aule, nelle stanze delle mostre vivevamo il nostro attimo fuggente con particolare rapimento, credendo di vivere un momento fantastico, irripetibile.
   Erano i tempi del dopoguerra, ancora scarseggiavano i cibi e le tavole erano semplici e povere, ricche di polpette e di lesso, di patate e poco più. Il pollo e l’arrosto erano i piatti della domenica arricchiti a volte anche dal vassoio di paste della pasticceria del quartiere. I bambini erano ancora gracili e bisognosi di cure, per cui la quotidiana dose di “olio di fegato di merluzzo” veniva sorbito a malincuore, addolcito dalle mentine colorate o da una cucchiaiata di zucchero. Ci mettevano in fila lungo le pareti dell’aula e la bidella di turno ci versava da un’ampolla di vetro il nauseabondo liquido oleoso, a cui facevamo boccacce disgustate, ma serviva a dare forza e a sostenere.
   A metà mattina arrivava anche il latte della Centrale che era fornito sempre per contribuire alla crescita delle nuove leve, e a Natale si aggiungeva anche il piccolo panettone inviato dal sindaco, il mitico Giorgio La Pira. Per anni ho creduto che il sindaco fosse un pasticcere che ci forniva quella prelibatezza, per di più nel formato adatto a noi bambini, piccolo e trasportabile nel panierino di paglia in cui portavamo il bicchiere e il tovagliolo, con il dovuto simbolo di riconoscimento ricamato dalla mamma o da una parente in grado di adoprare l’ago.
   A distanza di anni che piacere ritrovare alcune amiche delle elementari rimaste ancorate a un quartiere storico, tipico, caratteristico, quello di Vasco Pratolini, di Sant’Ambrogio, di Santa Croce, dove i ricordi riaffiorano per magia. Un quartiere che ancora ha una storia da raccontare e che fa palpitare per i colori e l’atmosfera e dove ancora troneggia il Palazzo Gerini, dirimpettaio della bella Loggia del Pesce trasportata dalla storica piazza del Mercato Vecchio, un tempo in quella zona che oggi è Piazza della Repubblica.
Firenze, Loggia del Pesce - Piazza Ciompi - circa 1880    La casa di Vincenzo Ghiberti di cui si legge l’insegna scolpita sul portone, la bottega del Verrocchio, la casa di Michelangelo Buonarroti … famosi condomini di un quartiere che ancora ha una sua connotazione e dove la scuola di un tempo non esiste più. Un giardino e uno spazio giochi sono i visibili resti di quello che un tempo era la biblioteca di quartiere, la Biblioteca Barbera, che ha aiutato i ragazzi della zona a leggere e ad amare i libri, avvicinandoli alla cultura e alla conoscenza. Oggi intestata a Gratta ovvero l’illusionista, attore, mangiatore di fuoco che negli anni 50 faceva sognare noi ragazzi, nella mitica Arena Caroli, uno dei pochi divertimenti a buon mercato che gli abitanti si potevano permettere. A parte il Cinema Garibaldi, ricettacolo di perditempo e ubriachi dove il pavimento era letteralmente coperto di bucce di semi salati e di lupini, cartacce e liquidi organici di varia provenienza.
      Un quartiere dove la scuola era il fulcro, la biblioteca il punto di incontro e di riferimento e dove per anni i ragazzi hanno trovato uno spazio pulito, sano e stimolante.
     Grazie alle insegnanti che si sono prodigate con impegno e con attenzione, con affetto e benevolenza e che hanno trovato il metodo giusto per insegnare le tabelline e la grammatica, la composizione e la ginnastica. Un’apposita maestra ci faceva esibire in dimostrazioni ginniche più vicine ad un saggio di marca fascista che di sport.. ma lo facevamo all’aria aperta e giocosamente e questo per noi era già sufficiente.
   Grazie a Maria Montessori che ci ha insegnato l’alfabeto, già dalle classi dell’asilo, dove avevamo anche i giochi a incastro per lavorare con dimestichezza con forme e colori, ai telai dove abbiamo imparato fino dai primi anni a fare fiocchi e nodi, ad allacciare le stringhe delle scarpe e soprattutto a prenderci cura del nostro ambiente di lavoro, dove ogni giorno avevamo compiti da svolgere a rotazione, mansioni che svolgevamo con impegno ed allegria, sapendo che stavamo lavorando insieme agli altri per un obiettivo comune.
   Una scuola che aveva metodi, valori, regole e legami e che ha lasciato un segno profondo indelebile in quanti hanno vissuto su quei banchi di allora, con quegli insegnamenti solidi e vivi
che ci sorreggono ancora dopo tanti anni e che ci riportano a momenti di serenità e di crescita individuale.
                                                                                            Paola Capitani –paolacapitani@libero.it
Consulente e formatrice coordina dal gennaio 2000 ilGruppo web semantico(http://gruppowebsemantico.blogspot.it). Ha pubblicato saggi ed articoli nel settore della gestione della conoscenza e dei servizi informativi quali Editoria digitale: ma la scuola cosa ne sa?, (in preparazione), Comunicare diversa-mente, 2008, www.ebooks.garamond.it, “Scuola domani”, 2006, FrancoAngeli, Knowledge Management, 2006, FrancoAngeli, favole e poesie, e intriga con la fantasia e le emozioni. Curiosa adora viaggiare per incontrare, vedere, comunicare, narrare e muovere i pochi neuroni che ancora restano.
Share Button



Commenti

Post popolari in questo blog

L’amore è come l’ellera Quando nasceste voi nacque un giardino Di mille qualità c'erano i fiori Profumo si sentiva da lontano E specialmente odor di gelsomino.                   L'amore é come l'ellera dove s'attacca muore così così il mio core mi s'è attaccato a te L'amore è come l'ellera                    Dove s'attacca muore Così, così il mio core Mi s'è attaccato a te                   L'amore é come l'ellera dove s'attacca muore .... . Vieni bellezza mia si gioa a carte  Si giocherà ai gioco che so' io: si giocherà a briscola e a primiera e se ti manca un core ti do i' mio.                                          L'amore é come l'ellera dove s'attacca muore                   Se tu sapessi i' bene che ti voglio, faresti un focolino in mezzo al mare, faresti le girandole di foglio, l'acqua dei fiumi faresti fermare.                              L'amore é come

poesie di Trilussa

una scelta di Paola Capitani Poesie di Carlo Alberto Salustri detto  “TRILUSSA” LA   SPECULAZZIONE   DE   LE   PAROLE   Una Gallina disse a un Gatto nero: - So’ tre giorni che cerco mi marito.... Chissà com’è finito! Pe’ di’ la verità ce sto in pensiero...- Er Gatto corse subbito in cucina, e, ner sentì ch’er pollo era già stato bello che cucinato, ritornò addietro e disse a la Gallina: - Vostro marito passerà a la Storia: perché fece una morte proprio bella, arabbiato in padella, framezzo ar pomidoro della gloria! J’hanno tirato er collo, questo è vero, ma lui rimane sempre tale e quale un martire der Libbero Pensiero che se sacrificò per l’Ideale... Anzi, lo stesso coco che l’ha tenuto ar foco, m’ha ridetto che, fra l’antre onoranze, tra un par d’ore sarà commemorato in un banchetto con un discorso de l’Ambasciatore... Io stesso, come Gatto, penserò a sistemaje l’ossa...- La vedova, commossa, ringraziò...                      

Le piccole cose di Stefano Benni - Giullari e Menestrelli

Stefano Benni – da Ballate (1991)         Le piccole cose che amo di te       quel tuo sorriso     un po' lontano       il gesto lento della mano       con cui mi carezzi i capelli       e dici: vorrei   averli anch'io così belli       e io dico: caro  sei un po'matto       e a letto    svegliarsi       col tuo respiro vicino       e sul comodino   il giornale della sera       la tua caffettiera    che canta, in cucina       l'odore di pipa    che fumi la mattina       il tuo profumo     un po' blasé       il tuo buffo gilet       le piccole cose   che amo di te       Quel tuo sorriso   strano       il gesto continuo della mano       con cui mi tocch i i capelli       e ripeti : vorrei       averli anch'io così belli       e io dico: caro  me l'hai già detto       e a letto    stare sveglia       sentendo il tuo res piro    un po' affannat o       e sul como dino      il bicarbonat o       la tua caf