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La medicina narrativa di Gabriele Bronzetti gabronz@hotmail.com

Due parole sul cuore e sulla Medicina Narrativa La Medicina Narrativa è di gran moda, eppure pochi sanno di cosa si tratta, medici compresi. Si può dire che una volta scritta o letta, qualsiasi esperienza di malattia diventa Medicina Narrativa, un farmaco il cui principio attivo è la Parola. Un malato che scrive un diario, un medico che riflette sul suo mestiere, un romanzo che parla di un malato sono esempi di Medicina Narrativa. Per i malati scrivere di sé, narrare, è come fare un salasso che scioglie dolenti coaguli in inchiostro, spostando il dolore dal letto alla letteratura. Le storie salvano la vita; si pensi alla Sherazade delle “Mille e una notte” che con una storia al giorno si salva, e non solo. Shakespeare dice che il dolore non espresso “bisbiglia al cuore e gli ordina di spezzarsi”. I medici non sanno parlare, ma sono ancora meno bravi a leggere e ad ascoltare. Leggere contrasta la disumanizzazione della medicina attraverso l’empatia, la quale cresce quando si entra nelle vite degli altri, anche quelle inventate nei libri. Non parliamo di chiacchiere edificanti, ma di meccanismi clinici dall’efficacia misurabile in malattie come tumori e diabete. Se si pensa che l’effetto placebo (un derivato del pensiero positivo) può incidere per il 30% nell’efficacia di una terapia, non deve stupire l’effetto delle parole, molecole del pensiero, farmaco o veleno a seconda della dose. Poi verrà anche il momento del silenzio, ma prima, per favore, ditemi qualcosa. La verità vi prego, delle parole. Chi legge vive mille vite, chi scrive legge due volte. Chi ascolta, ascolta con il cuore, l’unico organo che ha due orecchiette. Non a caso il cuore inglese, HEART, assona e anagramma il verbo TO HEAR, ascoltare. Gabriele Bronzetti, da un articolo pubblicato sul Corriere della Sera di Bologna

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